Buon anno!
Le fondamenta del lavoro come lo conosciamo iniziano a cedere. Il processo era già in corso, ma ora accelera sotto la spinta dell’innovazione tecnologica. E non c’è più spazio per l’inerzia o per la nostalgia. Se non siamo disposti a cambiare, esiste il rischio concreto di essere lasciati indietro.
Il primo numero di Work After del 2025 non è l’ennesima lista di trend e previsioni del futuro - quante ne abbiamo lette in questi giorni? Piuttosto è una sfida: siamo pronti per ripensare il lavoro e fare scelte audaci?
Ci sono almeno tre nuove verità che dobbiamo accettare: eccole.
1. I manager sono inutili
Il manager tradizionale, che supervisiona e controlla, non serve più. Le aziende stanno già facendo pulizia. Meta, Amazon, Bayer hanno tagliato migliaia di middle manager negli ultimi anni, e altre aziende seguiranno. Mark Zuckerberg ha detto apertamente che è finita l’epoca dei “manager che gestiscono manager che gestiscono manager”. È una semplificazione brutale, ma vera.
Che fare dunque?
Se sei un manager, trasformati in leader. Smetti di essere sorvegliante e diventa facilitatore. La storia che “per crescere in azienda devi gestire persone” è una stupidaggine colossale. Simone Cicero ne ha parlato nel nostro podcast: i nuovi “gestori del lavoro” non sono dei capi-cantiere, ma degli architetti e orchestratori di competenze. La leadership non è un titolo, è una capacità: allenala!
Se guidi un’organizzazione, elimina le gerarchie e premia chi crea connessioni e valore. Costruisci i team non intorno a un capo, ma a partire dai bisogni dei clienti e dalla capacità di produrre valore per loro.
2. La carriera lineare non esiste più
La narrazione della “ascesa professionale” è obsoleta. Salire gradino dopo gradino, passo dopo passo, non è più possibile né sensato. Oggi il lavoro è fatto di salti, deviazioni e cambiamenti. Paul Millerd lo chiama il Pathless Path: la carriera non è una scalata, ma un viaggio in cui impari a navigare. Questo ci spaventa, perché siamo stati condizionati a cercare la stabilità. Ma la verità è che la stabilità non è mai esistita. Era un’illusione venduta dalle aziende per tenerci legati.
Che fare dunque?
Se lavori, non importa con quale tipo di contratto, inizia a pensarti come una “Company of One”. Non delegare a nessuno la tua crescita umana e professionale. Pensa sempre che non c’è qualcuno che ti sta dando lavoro, sei tu che lo stai vendendo. Impara a dare il giusto valore alle tue competenze, e a promuoverle. Scrivi, apri un blog, parla in pubblico, cura il tuo portfolio. Trova uno scopo che va al di là del lavoro, e raccontalo. Coltiva un network di relazioni in cui sei tu a presentarti e ad agire, non il tuo ruolo o la tua funzione.
Se guidi un’organizzazione, smetti di pensare che devi trattenere i professionisti. Inizia piuttosto a chiederti come attrarli, che cosa offrire loro per convincerli a collaborare con la tua azienda. Non limitarti allo stipendio, a un job title, o a qualche benefit aziendale. Definisci quale valore crei per i tuoi collaboratori, e quale valore loro possono aiutarti a creare.
3. CV e colloqui sono un rituale del passato
Quante volte hai inviato un CV senza ricevere risposta? Quante volte hai fatto un colloquio che sembrava più una prova di recitazione? E in azienda, quante centinaia o migliaia di candidature irrilevanti hai ricevuto? Quanta fatica e quanti errori hai fatto nello scegliere chi assumere? Sappiamo tutti che il sistema job posting-CV-colloquio è rotto, ma continuiamo a usarlo. Perché? Perché è comodo, anche se inutile.
Ma il futuro non è fatto di CV. È fatto di strumenti nuovi che combinano chi sei – dove hai vissuto, da chi hai imparato, con chi hai lavorato, che cosa leggi, guardi e studi – con quello che sai fare – il tuo portfolio di progetti – e con quello che vuoi fare – ciò che ti motiva, nella vita e nel lavoro.
Le aziende che continuano a valutare i candidati sulla base di un documento statico non stanno selezionando talenti: stanno giocando alla lotteria.
Che fare dunque?
Se vuoi vendere lavoro, comincia rispondendo a queste due domande:
1) che cosa ti piace fare davvero?
2) Che cosa sai fare bene?
Se una stessa risposta è su entrambe le liste, quello è un punto di forza da cui puoi partire subito per costruire il tuo futuro professionale. Raccontati a partire da ciò che sai fare meglio, con strumenti nuovi che mettano in risalto le tue motivazioni e le tue competenze.Se vuoi comprare lavoro, fallo in modo più efficiente: valuta il portfolio dei candidati, le loro connessioni, il loro percorso evolutivo, la loro capacità di gestire progetti complessi in organizzazioni e contesti complessi. Non assumere solo quando ne hai bisogno: cerca un modo per tenere vicini i professionisti interessati alla tua azienda ancora prima che possano lavorare per te. Offri loro strumenti gratuiti per conoscere la tua organizzazione: come lavora, i processi che usa, il valore che crea per i clienti. In questo modo creerai un bacino di talenti (o una talent community) da cui poter attingere ogni volta che avrai bisogno di un nuovo collaboratore.
Nei prossimi mesi continuerò a esplorare questi temi: attraverso la newsletter, attraverso il podcast che presto tornerà con un format inedito (no spoiler, ma sono sicuro vi piacerà!) e sul mio profilo LinkedIn. E tutto questo ovviamente alimenterà il mio lavoro in Cosmico, lo spazio in cui le persone costruiscono il proprio futuro professionale e le organizzazioni scoprono nuovi modi per connettersi con il talento.
Ciao Matteo,
ho molto apprezzato questa mail. Ti chiedo: conosci un modello di CV che si adatti alle riflessioni che hai fatto? A mio modo di vedere le tue riflessioni in uno schema definito possono diventare guida sia per chi vuole raccontarsi e riscoprirsi sia per chi vuole cercare e non giocare alla lotteria.