Lo scorso martedì da Nodo Bar, a Milano, abbiamo registrato una nuova puntata del podcast (la vedrete presto!), e poi c’è stato il secondo appuntamento di Wanderwork (mercoledì 28 saremo a Roma, iscrivetevi qui).
Nonostante il temporale abbiamo incontrato un sacco di persone, e incrociato tante conversazioni interessanti.
Giuseppe Mayer, CEO di Talent Garden, e la creator Hopebelle hanno raccontato le loro storie e hanno condiviso un concetto fondamentale: il valore di quello che fai lo vedi riflesso nelle persone che hai intorno. Che siano i tuoi collaboratori, i clienti, i partner, o la tua community social, guardando gli altri capisci se quello che stai facendo ha senso ed è utile a qualcuno.
Però
Del resto durante la serata, mentre parlavo con le persone, ho notato un pattern. Quando qualcuno si presenta, tende sempre più spesso a dire: al momento faccio x, PERÒ sono anche x,y,z.
«Lavoro in una società di consulenza, però sto cercando di lanciare una startup. Sono product manager per una grande azienda, però sto lavorando anche a un mio progetto personale».
C’è sempre qualcosa che sfugge alle presentazioni tradizionali. È la conferma che il nostro job title non basta più a raccontarci, e che il CV non riesce a contenere tutto quello che siamo e possiamo essere.
Soprattutto perché nell’elenco dei titoli, delle esperienze, delle certificazioni manca l’elemento vivo e dinamico capace di dire cosa sappiamo fare. Un documento statico che mostra le posizioni formali e le credenziali non riesce più a misurare e comunicare il nostro valore.
Oggi ciò che conta davvero non è ciò che scriviamo su un foglio, ma ciò che gli altri pensano e dicono di noi. La nostra reputazione.
Chi misura il tuo talento?
Il punto è che non puoi più essere solo tu a certificare le tue capacità . Il tuo talento esiste davvero solo quando incontra un riconoscimento esterno.
Un po’ come nella parabola dei talenti, raccontata nel Vangelo.
Il talento, nell’antichità , era un’unità di misura, e poi è diventato una moneta. Nella parabola un padrone affida ai suoi servi quantità diverse di talenti, in base alle loro capacità . Non li distribuisce in modo equo, ma valutando ciò che può aspettarsi da ognuno.
Così la moneta diventa un modo per riconoscere e validare le capacità : ed ecco quindi il talento come lo conosciamo noi oggi. Una specie di investitura che ci arriva dall’esterno, e ci consegna una responsabilità : il talento che ci viene dato esiste davvero solo nel momento in cui lo mettiamo all’opera, lo facciamo fruttare - come nella parabola. Se, come fa uno dei servi, corriamo a sotterrarlo in un job title, il nostro talento non esiste più.
Perché il talento non è ciò che pensiamo di avere, ma ciò che dimostriamo di saper fare. Non è una convinzione personale, ma un valore percepito dagli altri. Ed è qui che entra in gioco la reputazione.
Quando ti arriva a casa
In un mondo in cui le competenze possono essere apprese rapidamente e le piattaforme digitali abbattono ogni barriera di ingresso, il valore risiede nella fiducia che siamo in grado di ispirare. Il nostro potenziale risulta dalle persone che ci conoscono e con cui collaboriamo, dai problemi che abbiamo risolto, dall’impatto che abbiamo generato.
La reputazione è la somma delle percezioni e delle convinzioni che gli altri hanno su di noi, modellata dalle nostre azioni e dal nostro stile di lavoro. A differenza del personal branding, che è una rappresentazione intenzionale ed esterna di sé, la reputazione è il risultato organico delle nostre interazioni e prestazioni. Non solo sul posto di lavoro, ma anche al di fuori, nelle cose che facciamo per noi, nei contenuti che produciamo, nella percezione pubblica che alimentiamo.
Avete presente il meme quando lo ordini online vs quando ti arriva a casa?
Ecco: il CV, o il personal branding, è la nostra rappresentazione ufficiale e patinata. La reputazione è la prova dei fatti, e sempre di più le nostre opportunità e possibilità di crescere e prosperare dipenderanno dalla capacità di superare la prova dell’unboxing.
Le nuove regole del lavoro
Per chi lavora
Non puoi compilare la tua reputazione, come fai per il curriculum, però puoi costruirla e alimentarla. Partendo da queste tre P.
PROBLEM – Diventa la tua nicchia
Definisci il problema che sai risolvere meglio di chiunque altro. Concentrati su quello e impara a raccontarlo. Usa quel problema come filtro per scegliere i progetti, raccontarti online, partecipare alle conversazioni. Mostra risultati concreti: fai vedere il prima e il dopo di ogni progetto.
PRESENCE – Intervieni, testa, trasforma
La reputazione si costruisce quando qualcuno può toccare con mano ciò che fai. E può verificare facilmente la tua presenza sociale.
Offline: organizza o partecipa a talk, eventi, workshop. Niente connette come la conoscenza diretta.
Online: usa i social per generare attenzione, crea una newsletter o un blog per approfondire, sperimenta micro-prodotti come template, tool o mini-corsi. Mantieni tono e direzione coerenti su ogni canale.
PEOPLE – Costruisci la tua prova sociale
Scegli 3 persone che ti ispirano, 3 che ti fanno da guida, 3 pari che ti fanno da specchio e da stimolo. Quando cominci a diventare tu un riferimento sul problema che hai scelto, coinvolgi fellow, partner e potenziali co-founder, collaboratori. Allarga la tua rete in orizzontale (community) e in verticale (partnership strategiche).
Per le organizzazioni
Non potete più limitarvi ad accumulare CV per darli in pasto all’AI: servono strumenti per leggere in profondità chi avete davanti. E serve una nuova sensibilità per capire dove sta davvero il valore. I tre pillar valgono anche per voi, ma letti al contrario.
PROBLEM – Non cercate competenze, cercate visione
Non accontentatevi di un elenco di skill. Cercate persone che abbiano chiaro qual è il problema su cui vogliono fare la differenza. Non saranno solo più motivate: vi aiuteranno a definire meglio anche le sfide prioritarie per l’organizzazione.
PRESENCE – Non guardate il CV, guardate la traccia
Osservate cosa lasciano dietro di sé le persone. Un talk, un post, un progetto open-source, un articolo ben scritto dicono molto di più di un job title. Chi sa creare contenuti e strumenti sa creare valore. E sa renderlo percepibile all’esterno.
PEOPLE – Non assumete profili, attivate conversazioni
Non limitatevi a pescare nel database. Entrate nella conversazione. Coltivate relazioni con chi lavora sui problemi che vi interessano, anche se non sta cercando lavoro. Scoprite chi sono i loro riferimenti, chi li ha formati, con chi collaborano. La qualità del loro network vi dirà molto sulla qualità del loro lavoro.
come sempre vi condivido le riflessioni nate dalle scintille dei nostri incontri digitali
1. I 3 re magi
Riprendendo il vostro spunto potremmo parlare dei 3 re magi che ispirano, 3 che guidano e 3 pari che fanno da specchio e da stimolo. Così sono 9 e con noi stessi diventano i 10 dell'ave maria :-) o le dieci dita di una mano. E chi sono i 9 magi: i 3 che ispirano sono l'irragiungibile, quello che può essere raggiunto con impegno e chi non vorremmo mai essere (si perchè spesso abbiamo anche bisogno di dare importanza a chi ci ispira nel senso opposto); i 3 che guidano sono Gandalf ovvero il super pro, Virgilio ovvero quello che ci sta sempre accanto e ci guida con maggiore connessione e la guida che non vorremmo mai seguire e che con le sue azioni ci indica ciò che possiamo fare in tatale discordanza, agendo cosi nel giusto; i 3 pari potrebbero essere l'amico di infanzia che ti ricorda da il passato che conta, quello dell'oggi che è allineato a chi sei e quello che ti dice con schiettezza tutto senza filtri e che, in accordo con te, ti fa da sparring partner abituandoti alle "botte" che riceverai fuori vivendo nel mondo reale.
2. E se al posto delle P inserissimo le S?
La prima sta per Solution: chi ha chiaro il problema ha la soluzione per metà e cerca dall0interazione con gli altri l'altra metà = cercare persone che hanno chiaro il porblema e con esso il primo pezzo della soluzione
La seconda sta per Soul/Sentiment: riconnettersi con la parte profonda che contiene le lezioni del passato e le bussola che può guidarci nel futuro
La terza sta per Synapses: ricorda la mente le connessioni smart e biologicamente perfette e adattive e riporta a seguire la biologia perchè, se ci pensate, l'essere umano è veramente efficiente, efficace e lungimirante quando scopre le leggi biologiche e riesce a copiarle alla perfezione.
Grazie ragazzi!