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Uno dei trend più trasversali del business negli ultimi anni è stata la personalizzazione.
Grazie alle tecnologie digitali e a una sempre maggiore disponibilità di dati sui comportamenti e le preferenze delle persone, le aziende hanno potuto personalizzare prodotti ed esperienze.
Tutto è scelto, selezionato, progettato “per te”.
Tutto, tranne l’organizzazione del lavoro.
Spesso le aziende offrono ai clienti il massimo livello di personalizzazione, ma al loro interno funzionano in modo del tutto standardizzato. Stessi processi, stesse politiche, stessi percorsi a prescindere dalle differenze e dalle preferenze individuali.
La progressione della produttività
Cosa significa personalizzare l’esperienza di chi lavora?
Significa abbandonare processi e flussi di lavoro stabiliti a priori e uguali per tutti. E abilitare modalità diverse e variabili, che possano assecondare le inclinazioni e le necessità di ognuno. Lasciare ampio margine di scelta sui luoghi, gli strumenti e le modalità di lavoro.
Questo approccio non serve solo a aumentare il comfort delle persone, ma anche la loro efficacia e produttività.
Era il 1998 quando Pine e Gilmore scrivevano Welcome to the Experience Economy. Nel loro articolo spiegano come la personalizzazione di un bene può trasformarlo da prodotto in servizio, e da servizio in esperienza. Più aumenta il livello di personalizzazione, più il valore del prodotto aumenta: possiamo farlo pagare di più. L’esperienza è lo stato che raggiunge un prodotto al livello più alto di personalizzazione, quello che permette di aumentare al massimo il suo valore percepito.
Che succederebbe se applicassimo i principi dell’Experience Economy al lavoro? Attraverso un progressivo aumento della personalizzazione del modo di lavorare potremmo elevare compiti standardizzati e ridotti a commodity, svolti solo per sopravvivere, a un’esperienza di lavoro significativa e trasformativa, che aumenta il valore generato tanto per chi lavora, quanto per l’organizzazione.
Tradotto: se un’organizzazione crea esperienze di lavoro personalizzate sulle esigenze dei propri collaboratori, invece di applicare policy e regole uguali per tutti, può aumentare la produttività e il valore che genera.
Parti dal team, valuta il risultato
Come si implementa una trasformazione di questo tipo?
Si parte dall’unità minima: il team.
E si stabilisce la priorità del risultato: efficacia e qualità dell’output contano più di processi e strumenti.
Il team può stabilire al proprio interno, in autonomia, con quali modalità lavorare: da remoto oppure in ufficio, organizzando riunioni oppure in asincrono, scegliendo gli strumenti, le modalità, la strategia produttiva. Cambiando approccio a seconda del progetto e degli obiettivi.
Il team è un’unità piccola e funzionale, che può sperimentare e cambiare con agilità. In più, un team responsabile di un prodotto o di un servizio è vicino ai clienti e alle dinamiche del mercato, e quindi è nella posizione migliore per adattare il proprio flusso di lavoro in funzione del risultato.
Azienda OS
Liberi tutti quindi? Ognuno fa come vuole e ci vediamo alla festa di Natale?
No, naturalmente.
Maggiori sono la flessibilità e l’autonomia, più le organizzazioni devono essere capaci di orientare, motivare e dare coerenza al lavoro.
Per farlo, hanno bisogno di dotarsi di un sistema operativo: una piattaforma che renda possibile lo scambio, la tracciabilità, l’accessibilità delle informazioni.
In questo modo, pur lavorando in autonomia, tutti possono contribuire agli obiettivi dell’organizzazione, collaborare con gli altri team, costruire su quello che è stato già fatto. Seguire i valori di base dell’azienda e avere uguale accesso alle risorse e alle opportunità.
Haier, l’azienda cinese che ha trasformato la propria struttura monolitica in un ecosistema di micro-imprese autonome e indipendenti, ha costruito una piattaforma digitale per la circolazione interna delle informazioni e per lo scambio delle risorse.
Questa piattaforma permette a ogni team di organizzare il lavoro in modo libero, guidato solo dall’obiettivo di dare ai clienti il miglior prodotto possibile.
Vista così, la personalizzazione non è una strategia di talent acquisition o talent retention. È una strategia di business, che nei prossimi anni potrebbe diventare fondamentale per continuare a innovare e restare competitivi.
In pratica
Per te
Costruisci il tuo workstyle. Interrogati su qual è il tuo stile di lavoro, metti a fuoco le tue abitudini, le tue modalità di interazione e di apprendimento, ciò che ami fare e ciò che odi. Impara a farti le domande giuste, poi scrivi o fissa le risposte, in modo da poterle comunicare facilmente agli altri. Così sarà più facile per chi lavora con te adattarsi e mettere in atto strategie personalizzate, ritagliate sulle tue esigenze.
L’importante sarà mettere in evidenza il fatto che il tuo stile di lavoro non è un capriccio: è un modo per esprimere al meglio il tuo talento, per metterti nelle condizioni di fare ciò che sai fare meglio. In futuro, la specificità del tuo modo di lavorare potrà diventare il tuo punto di forza, il tuo tratto distintivo, quello che saprà distinguerti dagli altri professionisti, e dai tool che impareranno a fare il tuo lavoro.
Per la tua organizzazione
Trova le differenze. Via via che gli strumenti diventano sempre più standardizzati, sempre più potenti e capaci di automatizzare, ciò che farà la differenza non sarà tanto il “saper fare” di una persona, la sua capacità di svolgere un compito o di stare dentro un flusso di lavoro.
A fare la differenza sarà la persona in sé: lo stile di pensiero che saprà aggiungere all’uso degli strumenti, ma anche la sua storia personale, la sua esperienza particolare, le cose che ha vissuto e che hanno dato forma al suo modo unico di fare e di lavorare. Per le organizzazioni sarà sempre più importante intercettare e valorizzare questa specificità, e quindi fare spazio a modalità di lavoro diverse.
Ciao Matteo.
Riflessione
Per garantire un luogo di lavoro personalizzato per tutti ed evitare effetto occupazione scolastica, caos e confusione serve:
1. Identità chiara del singolo e suo impatto
2. Identità chiara degli altri e loro impatto
3. Identità chiara dell’azienda
4. Autonomia
5. Regole di interazione cocreate e condivisione con un sistema di feedback competente e costante come nei sistemi complessi ed autoregolati
6. Metodologia di feedback che rispetti la biologia umana: anticipazione, restituzione, riconoscenza e solo alla fine osservazioni dí miglioramento
7. Restituzione costante e continua dell’impatto generato
8. Facilitatore le interazioni umane
Sul team una riflessione. Il team è una squadra e si differenzia da un gruppo di individui per le seguenti caratteristiche :
1. obiettivo comune, condiviso e possibilmente cocreato
2. Ruoli definiti
3. Regole precise e cocreate
Sul sistema operativo: geniale!
Sull’imparare a farsi le domande giuste aggiungo: raccogli e seleziona le domande che ti fanno gli altri e che ti agganciano e lavora su risposte chiare e precise. Che vuole dire chiare? Devono essere gli altri a restituirti la chiarezza che credi di aver generato ed è sufficiente condividere la strategia di restituzione di quanto ascoltato.
Per tutto il resto, come sempre: grazie!