Una delle mie ispirazioni preferite a tema lavoro e organizzazioni è Simone Cicero. Lo seguo da tempo, l'ho già invitato come ospite al podcast di Work After (qui la puntata, se non l’hai vista devi assolutamente recuperare!) e mi sono appassionato così tanto al suo lavoro che ho deciso di investire nella sua azienda, Boundaryless, insieme ad altri amici.
Nel podcast di Boundaryless ci sono sempre interviste a personaggi internazionali di primo piano. Qualche settimana fa è toccato a Tom Nixon, coach e advisor di founder, fondatore di Maptio e autore del libro Work With Source, basato sul lavoro di ricerca di Peter Koenig.
Quell'intervista è una bomba. Mi ha fatto ripensare a tante cose che credevo verità assolute e mi ha spinto a rileggere la mia vita professionale da un punto di vista completamente diverso.
La gerarchia non è il problema
Tom Nixon dice che la gerarchia non è male in assoluto. Anzi, è qualcosa di piuttosto naturale per gli esseri umani. Avrei dovuto saperlo: uno dei principi fondamentali del graphic design è proprio la gerarchia visiva. Ma non è l'unico esempio. Ogni volta che impostiamo un flusso, un budget, una strategia stiamo stabilendo delle priorità su altre, ovvero introducendo una gerarchia.
Il concetto di gerarchia diventa scivoloso quando è associato al potere, cioè quando confondiamo la gerarchia come l'unico modo per dirigere un'organizzazione, applicando principi di comando e controllo che servono per assegnare e preservare il potere nelle mani di pochi. Come ci si arriva? Di solito frammentando le informazioni ed evitando la trasparenza. Quando poche persone in cima alla piramide riescono a trattenere la maggior parte delle informazioni, e ne distribuiscono solo frammenti al resto dell'organizzazione, compaiono gli effetti nocivi della gerarchia.
Ecco la prima lezione appresa: non esiste una lotta tra gerarchia e non-gerarchia. Piuttosto, c'è bisogno di individuare quale gerarchia fa male all'organizzazione e quale invece può essere un acceleratore della sua evoluzione, crescita e creazione di valore.
Il fondatore come artista
Per capire se esiste una gerarchia “buona”, Tom Nixon parte dalla convinzione che ha ispirato il suo lavoro di ricerca:
Credo che la chiave per fare davvero la differenza non sia la leadership né l’organizzazione, ma la creatività. Ogni impresa è innanzitutto un atto creativo. Un founder, prima di essere un leader, è un artista: mette al mondo ciò che ancora non esiste o trasforma ciò che c’è in qualcosa di migliore.
Una considerazione che mi riporta a una frase che ho "rubato" qualche settimana fa a Jasmine Bina:
There are only two things we're really meant to do in this world: make something new and care for one another.
E ancora, a una delle più celebri citazioni di Steve Jobs, che è diventata l’incipit di un libro che si può leggere gratuitamente nello Steve Jobs Archive:
There’s lots of ways to be, as a person. And some people express their deep appreciation in different ways. But one of the ways that I believe people express their appreciation to the rest of humanity is to make something wonderful and put it out there. And you never meet the people. You never shake their hands. You never hear their story or tell yours. But somehow, in the act of making something with a great deal of care and love, something’s transmitted there. And it’s a way of expressing to the rest of our species our deep appreciation. So we need to be true to who we are and remember what’s really important to us.
Forse la definizione più bella di lavoro è proprio questa: è un atto creativo. Lavorare significa individuare un problema, sceglierlo, dedicare energia, attenzione e cura per risolverlo in un modo nuovo, che possa essere utile agli altri.
La sorgente creativa
Ma è davvero possibile lavorare così?
Tom Nixon spiega come qualsiasi organizzazione - dalla più piccola alla più grande, dall'azienda alla non-profit al movimento - abbia origine da un'unica sorgente creativa. E questa sorgente creativa coincide con una singola persona.
L’inizio di ogni impresa è l’atto creativo di un singolo.
Questa intuizione mi ha fatto ripensare al concetto di founder mode descritto da Paul Graham in una sua lettera del settembre scorso. In una startup o scaleup, la sorgente creativa è la/il founder che definisce la sfida, ne controlla il perimetro, prende le scelte strategiche e culturali. Quando il founder resta vicino al problema e al prodotto, l'azienda diventa un magnete di scopo e talento.
Questo è esattamente quello che fa la sorgente creativa: attrae altre persone attorno a sé, che a loro volta possono diventare nuove sorgenti creative capaci di guidare progetti e attrarre nuove persone attorno a loro.
Se guardiamo all'organizzazione sotto la lente della sorgente creativa, emerge un nuovo tipo di gerarchia che potremmo chiamare "gerarchia creativa". Questa, al contrario della gerarchia che mira a stabilire e conservare il potere, è una gerarchia "buona" - genera cioè aree di influenza positive che sono il vero motore dell'organizzazione.
E questa è l'essenza stessa del brand. Il brand non è la somma della storia, della strategia, del posizionamento, del linguaggio e dei simboli di un'organizzazione, ma la sua attuazione, ovvero ciò che lo rende autentico. Pensate all'influenza che ha la sorgente creativa di un brand come Tesla, cioè Elon Musk, sull'azienda stessa: i messaggi, i simboli, il posizionamento dell'azienda possono anche non cambiare, ma se cambia Musk trascina con sé ogni aspetto della sua organizzazione.
E se in un'organizzazione non ci sono founder? Non importa: la sorgente creativa può essere tramandata. Tim Cook ha ereditato il ruolo da Steve Jobs, Satya Nadella guida Microsoft dopo Bill Gates e Steve Ballmer. E la sorgente creativa non deve nemmeno coincidere per forza con il leader dell'organizzazione. Esistono casi in cui il mercato e tutti gli stakeholder riconoscono una persona dell'organizzazione come leader, che rappresenta e guida l'azienda, anche se la sorgente creativa - incaricata di guidare la strategia e scrivere la storia dell'organizzazione - è un'altra.
Le nuove regole del lavoro
Questa nuova lente della sorgente creativa ci permette di guardare al lavoro con occhi diversi.
Per chi lavora
Pensa a te stesso come a un creativo, nel senso più alto e puro del termine. Non vuol dire "fare cose belle", ma "fare cose nuove e utili agli altri" che aiutano a individuare e risolvere problemi. Questa è l'essenza ultima del lavoro.
Se dedichi la tua energia a un problema e applichi la tua creatività per risolverlo, diventerai un magnete di attrazione: per un pubblico, dei collaboratori, dei clienti, degli investitori.
Per le organizzazioni
Sono molto curioso di sapere se anche voi vedete la propagazione della creatività da una sorgente ad altre sorgenti più piccole nelle vostre organizzazioni. Io riesco distintamente a percepirla nell'organizzazione dove sono ora, così come riesco a rileggere sotto questa lente tutte le organizzazioni in cui ho lavorato o per le quali ho collaborato.
Che cosa potrebbe accadere se un’azienda fosse strutturata per individuare e valorizzare le sorgenti creative al suo interno? Come cambierebbero le nostre aziende se fossero organizzate non per conservare il potere – distribuendolo alle persone in base al loro ruolo, esperienza o anzianità in azienda – ma per costruire dei centri di progettazione e sviluppo attorno alle persone più magnetiche e creative dell'organizzazione?
Provate a fare questo esercizio: mappate la gerarchia creativa della vostra organizzazione e date responsabilità e autonomia alle sorgenti.
E se siete la/il founder della vostra azienda, chiedetevi: state scivolando da creatore a manager? La burocrazia sta riducendo la vostra autonomia e creatività? Intorno a voi c'è un calo di innovazione, fuga di talenti, un brand che smette di attrarre e ispirare?
La risposta ai vostri problemi potrebbe essere riscoprire il vostro vero ruolo, cioè quello di sorgente creativa. O nelle parole di Tom Nixon:
A founder is an artist before they are a leader – because the point is to bring something new into the world, or to change things for the better.
Ciao, spunti interessanti... allora la creatività si propaga? Si propagherebbe se i manager fossero veri manager, consci che il loro obbiettivo deve essere quello di mettere gli altri nelle migliori condizioni per fare un grande lavoro. Questo vuol dire conoscere il concetto di "ownership", e vuol dire saperla in qualche modo regalare agli altri, insieme ad essa anche una certa autonomia. Questi sono alcuni elementi che permettono alle persone di essere creative, non sono gli unici, ma già solo questi due sono difficili da trovare.
Leggo sempre con interesse queste riflessioni. Mi immagino quanto farebbero la differenza anche nella Pubblica Amministrazione. Grazie per questi stimoli preziosi