Oggi parliamo della trasformazione organizzativa di Bayer, avviata dal CEO Bill Anderson.
Prima però un disclaimer: questa newsletter contiene tagli al personale.
Ormai ci conosciamo e avrete capito che mi piace dire le cose come stanno.
E le cose stanno così: nei prossimi anni assisteremo a ondate di tagli e licenziamenti come mai prima nella storia. Sta già accadendo.
Le organizzazioni temporeggiano e cercano di rimandare.
Le persone non vogliono pensarci.
I dipartimenti HR tentano progetti di reskilling e upskilling, per salvare qualcuno o almeno licenziare persone un po’ più formate.
Ma la verità è che le aziende sono piene di persone che già nel brevissimo periodo non serviranno più. E quando chi organizza il lavoro comincerà ad agire di conseguenza non sarà piacevole per nessuno.
Le cause sono diverse (ne riparleremo in futuro), ma all’origine di tutto c’è l’innovazione tecnologica. Possiamo tentare di ritardarne gli effetti, ma non possiamo fermarla.
L’unica cosa che possiamo fare è prepararci. Comprendere l’innovazione, non farci cogliere di sorpresa e non agire quando ormai è troppo tardi.
Del resto siamo qui per questo, no?
Aspirine contro il crollo delle azioni
Bayer è la multinazionale tedesca nota per i suoi prodotti farmaceutici, il più famoso dei quali è l’Aspirina.
Bill Anderson diventa CEO di Bayer a metà del 2023 con l’incarico di contrastare una situazione finanziaria complicata e un titolo in caduta del 28%.
L’idea di Anderson per invertire la rotta è rivoluzionare completamente l’organizzazione aziendale. Cambiare il sistema operativo dell’azienda per rilanciarla su tutti i fronti: innovare e dare maggiore valore ai clienti, motivare e rendere più produttive le persone, risollevare il morale (e i guadagni) degli investitori.
Dynamic Shared Ownership
Il nuovo sistema operativo di Bayer si chiama Dynamic Shared Ownership e si basa su cinque principi fondamentali. Cinque spostamenti per passare da un management tradizionale fondato su direzione e controllo a un’organizzazione più orizzontale costruita su autonomia e responsabilità.
Da KPI e profitto → a mission e impatto
Le organizzazioni tradizionali sono guidate dai risultati finanziari a breve termine, misurati attraverso una serie di KPI. Nella nuova Bayer scelte e azioni saranno misurate in base all’impatto che creano e al contributo che danno alla realizzazione della missione aziendale: Health for All, Hunger for None.
Dalla gerarchia → al network
Le organizzazioni tradizionali creano una gerarchia di individui che hanno ruoli e compiti precisi. La nuova Bayer sarà un network aperto e collaborativo di team. I team saranno autonomi, auto-organizzati, cross-funzionali e pienamente responsabili di quello che fanno.
Dalle funzioni → alle micro-imprese
Le organizzazioni tradizionali sono strutturate in funzioni (produzione, ricerca, risorse umane, marketing…), che spesso garantiscono efficienza ma sono poco flessibili. Nella nuova Bayer ogni team sarà una micro-impresa che sviluppa i prodotti, li commercializza, e si rapporta direttamente con i consumatori.
Dalla pianificazione annuale → ai cicli di 90 giorni
Le organizzazioni tradizionali pianificano anno per anno in modo lineare, e spesso anche su cicli di più anni. Nella nuova Bayer si pianifica in cicli rapidissimi di 90 giorni, in cui si decide, si realizza, si testa, si impara, e poi si reitera per perfezionare il prodotto nel ciclo successivo.
Dal mindset reattivo → al mindset creativo
Il mindset nelle organizzazioni tradizionali è generalmente passivo e difensivo: aspetto che mi venga detto cosa fare, e poi agisco sulla base delle istruzioni. Nella nuova Bayer sarà incoraggiato un mindset creativo e propositivo, che favorisce l’iniziativa e la responsabilità. Un mindset che dovrebbe generare cinque cambi di attitudine principali:
Il percorso di trasformazione è ancora in atto, più o meno a metà strada in un piano che prevede la piena realizzazione entro tre anni. Bayer però racconta già risultati incoraggianti: accelerazione delle catene di approvazione, maggiore reattività alle richieste dei clienti, migliore coinvolgimento delle persone.
L’esperimento fa pensare a una versione “europea” del RenDanHeYi di Haier. E sicuramente colpisce la scala e l’intensità dell’impegno con cui un’azienda di questa grandezza e complessità si è lanciata in una trasformazione così profonda.
Leadership
Uno degli aspetti più interessanti di questa trasformazione è come cambia l’idea di leadership.
Il leader o la leader del futuro secondo Bayer dovrà:
avere una visione legata alla missione e all’impatto
essere un architetto del cambiamento, cioè creare lo spazio adatto a favorire il lavoro degli altri
catalizzare e incanalare le energie
guidare e fare da mentor
Quando il leader ha queste caratteristiche, per i team è più facile concentrarsi sui risultati, co-creare, collaborare con responsabilità, imparare continuamente ed evolvere.
L’attitudine del leader quindi deve essere quella di abilitare, rendere possibile, supportare. Essere al servizio di un team, anziché dirigerlo e controllarlo.
Il processo decisionale è spostato il più possibile all’interno dei team e dei network composti dai team, che si confrontano tra di loro e prendono decisioni senza aspettare approvazioni e senza passare attraverso il labirinto dei livelli gerarchici.
L’obiettivo a lungo termine è mettere le persone nelle condizioni di guardarsi intorno e decidere in quale team possono dare maggiore valore. Scegliere in che modo realizzare il proprio potenziale cogliendo le opportunità offerte dal network. Quasi nel modo in cui un freelance coglie le opportunità offerte dal mercato.
Snellire o spianare?
Tutto bellissimo, ma non indolore. Infatti la riorganizzazione di Bayer coincide con un piano massiccio di licenziamenti e riduzione del personale.
In inglese si dice che un’organizzazione è flattened quando vengono eliminate le gerarchie e i processi diventano più orizzontali.
Ma le parole sono importanti: flatten vuol dire anche “spianare”.
Ed è difficile “spianare” un’organizzazione senza travolgere le persone che ci stanno dentro.
Quando si affronta una trasformazione del genere, le due cose vanno di pari passo: snellire l’organigramma per ridurre le inefficienze, ma anche per tagliare i costi e rimettere a posto i conti.
Parlando del nuovo modello in un webinar di Corporate Rebels i vertici di Bayer non si nascondono più di tanto su questo punto. Siamo troppi, dicono, siamo overstaffed soprattutto nel management e nell’amministrazione.
Ci sono moltissimi middle manager che fanno un lavoro che non crea valore.
A queste persone è stata prospettata una possibilità: da manager diventare micro-imprenditori.
È chiaro che non tutti saranno tagliati per fare questo passo.
E quindi qualcuno necessariamente resterà fuori.
Ci troviamo di fronte a un bel dilemma: un sistema organizzativo molto suggestivo e promettente, che sembra pensato per ridare significato al lavoro, coinvolgere le persone, dare loro uno scopo e maggiore autonomia, è anche lo stesso sistema che porta a licenziamenti e perdita di posti di lavoro.
Che fare, dunque?
In pratica
Come dicevamo all’inizio, l’unica cosa da fare è prepararsi. Comprendere che la trasformazione del lavoro non è reversibile, dotarsi degli strumenti per affrontarla e magari anche per creare nuove opportunità.
Per le organizzazioni
C’è una sola regola: aprirsi. L’esempio di Bayer è quello di un’azienda che sfuma i confini tra l’interno e l’esterno, tra il centro e la periferia. Strutturarsi in un network aperto al quale le persone possono accedere. Abilitare e orchestrare il lavoro anziché dirigerlo e controllarlo. Questo sarà il modello che permetterà alle aziende di non restare bloccate a causa delle proprie dimensioni, e quindi di non trovarsi poi costrette a fare scelte impopolari.
Per le persone
Lo spostamento verso un’idea di azienda come open network non cambia soltanto le organizzazioni: cambia anche le persone, il loro modo di agire, di pensare e di comportarsi. Non si tratta di diventare tutti “imprenditori di sé stessi” - formula abusata e fuorviante - ma di rapportarsi sempre al proprio lavoro con un’idea di autonomia e indipendenza.
Ognuno di noi dovrebbe investire nel creare un network di relazioni e acquisire competenze complementari alle hard skill: scrittura, comunicazione, capacità di tradurre il valore del lavoro in valore economico e capacità di venderlo. Soprattutto, ciascuno di noi deve essere disponibile a reinventarsi, ripensare continuamente il proprio percorso, osservare quello che si muove intorno per cogliere le opportunità offerte dal cambiamento.
Perché se non siamo disposti a riscrivere la nostra storia, qualcuno potrebbe farlo al posto nostro.
Grazie Matteo Roversi.
Finalmente una condivisione di conoscenza, lungimiranza e consapevolezza, smart, interessante e ben scritta!