Il problema è che siete troppo bravi. Siete troppo brave.
Nel mondo trasfigurato dalla tecnologia, la vostra competenza verticale e ultra-specifica rischia di trasformarsi in una prigione. Vi rende dipendenti da un mercato ristretto, che minaccia di restringersi ogni giorno di più.
Siamo tutti diventati troppo bravi in qualcosa di troppo specifico. Abbiamo raggiunto l’eccellenza nella nostra nicchia, e siamo intrappolati nel nostro stesso successo.
La promessa tradizionale - diventare molto bravi in una cosa specifica per garantirsi sicurezza e valore - si sta rovesciando. Più ti specializzi verticalmente, più diventi vulnerabile. Più affini la tua competenza, più riduci le tue opzioni.
La trappola della specializzazione
Il problema naturalmente non è la competenza in sé, ma l’architettura economica che la incasella, la categorizza, e quindi la rende sostituibile.
Abbiamo applicato al knowledge work la logica dell’economia industriale. Trova la tua nicchia, affinala, diventa insostituibile in quel segmento specifico. Il mercato premierà la tua expertise verticale con compensi più alti e maggiore richiesta.
Ma il mondo in cui questa regola funzionava non esiste più: oggi l’AI può generare qualunque tipo di output specialistico in pochi minuti, con una qualità sempre crescente e costi tendenti allo zero. La specializzazione verticale, che doveva essere la nostra protezione, è diventata la nostra vulnerabilità.
E allora la domanda che dovremmo cominciare a farci non è “come posso diventare più bravo?”, ma: “come posso diventare più necessario?”.
Jobs vs Work
Come ha spiegato Rishad Tobaccowala, non è il lavoro che sta scomparendo, ma i lavori. Ci saranno sempre meno jobs, ma sempre più work da fare.
I jobs sono residui dell’era industriale: contenitori predefiniti che raggruppano competenze specifiche sotto etichette standardizzate. “Graphic Designer”, “Developer Frontend”, “Marketing Manager”. Funzionavano quando il costo di coordinamento era alto e i mercati stabili. Oggi persistono per inerzia, creando gabbie professionali che limitano invece di proteggere.
Il work parte da un approccio diverso: quale problema dobbiamo risolvere? Poi orchestra le competenze migliori per affrontarlo, indipendentemente dalle loro etichette tradizionali. Non cerca “un graphic designer”, cerca “qualcuno che sa trasformare complessità in comunicazione efficace”.
Nel mondo dei jobs, vendiamo competenze specifiche. Nel mondo del work, risolviamo problemi complessi utilizzando tutte le risorse disponibili.
Nel mondo dei jobs, l’AI è una minaccia. Nel mondo del work è una risorsa preziosa.
Orchestrare o essere orchestrati
Utilizzando strumenti AI è possibile generare in pochi minuti strategie di comunicazione complete, inclusi visual, copy e piani di distribuzione. Quello che prima richiedeva team specializzati ora può essere prodotto da una singola persona che sa orchestrare tecnologie diverse.
Questo può essere visto come la conferma delle nostre paure - l’AI ci sostituirà - oppure come l’opportunità di ripensare completamente il nostro valore professionale. Invece di competere con l’algoritmo, possiamo utilizzarlo per amplificare la nostra capacità di risolvere problemi.
La scelta è tra diventare sempre più bravi in qualcosa che le macchine fanno meglio, o diventare insostituibili in qualcosa che solo gli umani sanno fare: identificare i problemi giusti, sviluppare insight contestuali, creare connessioni inaspettate tra domini diversi, navigare le relazioni interpersonali.
Break Free
Nelle parole “freelance” e “libero professionista” è ben visibile l’idea di libertà. Eppure nel modo di lavorare attuale la spinta verso la libertà si è un po’ offuscata. La transizione che ci aspetta non è la promessa di un futuro senza vincoli, ma la possibilità di scegliere consapevolmente i propri vincoli. La vera libertà professionale non consiste nell’eliminare ogni forma di dipendenza, ma nel costruire dipendenze strategiche da problemi che meritano la nostra energia migliore.
Questa transizione non è automatica. Ci richiede di abbandonare la comfort zone di specialisti per abbracciare l’incertezza degli orchestratori. Dobbiamo imparare a vendere soluzioni invece di competenze, risultati invece di tempo. E dobbiamo insegnare ai clienti l’efficacia dell’orchestrazione, costruire case history di successo che la rendano desiderabile.
Le nuove regole del lavoro
Per chi lavora
Impara a dirigere l’AI invece di competere con la macchina. Usa le tecnologie per amplificare le tue capacità umane distintive, non per replicare quello che le macchine fanno già meglio.
Vendi risultati, non competenze. Smetti di presentarti come “esperto in X” e inizia a presentarti come “risolutore del problema Y”.
Costruisci ponti tra domini diversi. Il valore futuro sta nelle connessioni inaspettate, non nella conoscenza approfondita di un singolo campo.
Trasforma i concorrenti in collaboratori. Sviluppa relazioni con professionisti complementari che amplificano le tue capacità invece di duplicarle.
Per le organizzazioni
Assumete orchestratori, non specialisti. Cercate persone capaci di combinare competenze diverse piuttosto che eccellenti in una sola.
Progettate team fluidi attorno ai problemi. Abbandonate organigrammi fissi per strutture che si riconfigurano in base alle sfide da affrontare.
Investite in piattaforme collaborative. Date alle persone strumenti per lavorare trasversalmente invece di confinarle in silos funzionali.
Premiate l’impatto sistemico. Valutate la capacità di generare risultati complessi, non l’esecuzione di task isolati.
Bellissima analisi, mi sento di concordare su tutto! Pian piano sto cercando di fare questo tipo di transizione e devo dire che è un modo di lavorare che preferisco di gran lunga a quello precedente.
A. non ci avevo mai pensato
B. Grazie per avermi ispirato, normalizzato anzi...naturalizzato e rasserenato.
A volte basta commentare restituendo il valore ricevuto. Grazie!