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Qualche settimana fa Fiverr - il celebre marketplace di freelancer - ha presentato Fiverr Go: un tool AI personalizzabile, pensato per supportare e amplificare il lavoro individuale.
Fiverr è una delle centrali mondiali del talento. Il suo core business sono le persone. Per questo il messaggio che manda è significativo: è il momento di creare un’alleanza tra il lavoro umano e l’AI.
In superficie Fiverr dice: vogliamo mettere la tecnologia al servizio della creatività umana. Ma in controluce si legge: nell’era degli algoritmi creativi, le persone da sole non bastano.
Chi ti paga?
Viviamo in un momento in cui non è più possibile eludere una domanda chiave: se l’AI può svolgere un numero ogni giorno crescente di task, dove sta il valore del lavoro umano?
Scrivere testi, creare immagini, realizzare video. Pianificare, generare idee, fare ricerche approfondite. Comporre musica, tradurre in tutte le lingue del mondo. Algoritmi sempre più avanzati riescono a fare tutto questo e molto altro, in pochi secondi, a costo zero.
Quando la produttività creativa diventa potenzialmente infinita e immediata, la domanda può essere formulata anche in modo più pragmatico, e più inquietante.
Perché qualcuno dovrebbe pagare noi, esseri umani, se una macchina può fare lo stesso lavoro, quasi gratis, in un battito di ciglia?
Il valore si sposta
La storia recente ci insegna che ogni rivoluzione tecnologica sposta il valore altrove.
Internet ha azzerato il costo di distribuzione dell’informazione. Pubblicare un articolo o un brano musicale online ha un costo marginale vicino allo zero. Di colpo, ci siamo ritrovati sommersi da contenuti accessibili ovunque e subito.
Chiunque può far conoscere al mondo la propria musica, la propria arte e le proprie idee, senza passare attraverso le mediazioni tradizionali. Ogni minuto vengono caricate oltre 500 ore di video su YouTube, per un totale di 34 anni di filmati al giorno!
Assediati da un diluvio di creatività, non paghiamo quasi più per l'informazione: è ovunque, è gratuita, e ce n’è fin troppa. E così chi guadagnava dalla gestione della distribuzione è entrato in crisi. Ma questo non vuol dire che i soldi sono spariti: la creator economy è un’industria milionaria, che cresce ogni anno di più.
Ciò che è successo è che il valore si è spostato dall’output all’identità di chi lo crea. In un mondo in cui la quantità di prodotti creativi è virtualmente illimitata, ciò che fa la differenza è chi li realizza e come.
Non compriamo una fotografia, una canzone o un articolo: compriamo lo sguardo, lo stile o il vissuto di chi li crea. L’autenticità, l’autorevolezza e la capacità di narrazione sono diventate parte integrante del prodotto. Una storia raccontata da una voce unica ha più peso di mille contenuti generici. Il pubblico cerca un legame, una prospettiva riconoscibile in mezzo alla massa indistinta di contenuti.
Mi vendo
Lo stesso fenomeno sta per investire il knowledge work, il lavoro cognitivo e professionale. Sempre di più l’AI è in grado di generare qualunque output intellettuale, non solo contenuti: programma, redige report finanziari, analizza dati scientifici e formula diagnosi mediche.
Attività che richiedono tempo e conoscenze possono essere svolte in pochi secondi, a costi ridotti. E quindi sempre meno persone saranno disposte a pagare per il tempo che impieghiamo a svolgerle. Il consulente, l’analista, l’avvocato che fatturano a ore vedranno il loro modello messo in discussione da una realtà in cui l’AI sforna risultati in tempo reale.
Nessuno pagherà più per le ore-uomo - che già era un’espressione orribile. La remunerazione si sposterà verso ciò che una persona rappresenta, e il valore intrinseco che è in grado di apportare. Quello che continuerà ad avere un prezzo sarà l’unicità della prospettiva umana che accompagna la soluzione: la capacità di capire il contesto, di ispirare fiducia, di avere intuizioni originali.
Lavoreremo sempre meno per “fare manualmente delle cose” e sempre più per essere riconosciuti come figure di riferimento. Diventerà fondamentale essere percepiti come voci autorevoli, garanti di qualità, portatori di una visione distintiva. Il nostro lavoro consisterà nel dare un senso e una direzione all’output (automatico e non) più che nel produrlo materialmente.
Non sei scarso, sei la scarsità
In un mondo di abbondanza algoritmica, la nuova scarsità sei tu. La tua unicità umana. Quando ogni immagine, ogni testo, ogni progetto può essere generato in pochi secondi, ciò che diventa raro e prezioso è l’originalità dell’occhio umano, la sensibilità e il bagaglio di esperienze di ognuno.
Più le macchine producono in serie, più il semplice fare perde valore, e più conta il saper essere.
Nessun algoritmo può duplicare al 100% la combinazione di creatività, empatia, intuito e valori che appartiene a un individuo. È lì che risiederà il vantaggio competitivo degli umani. La tua visione del mondo, filtrata attraverso la tua personalità e le tue esperienze, non è automatizzabile.
Nel mercato del lavoro futuro, la storia che ti porti dietro, la credibilità che hai costruito, la prospettiva inimitabile che offri saranno la vera moneta di scambio. Il lavoro verrà ridefinito attorno a ciò che ha di più umano. Il valore economico e sociale si sposterà sempre più dal prodotto al produttore, dall’output all’identità.
E ogni professionista dovrà chiedersi: qual è la mia scarsità? Qual è quel tratto irripetibile che porto sul tavolo e che mi distingue dalla migliore delle AI?
Le nuove regole
Per te
Investi sulla tua identità. Costruisci una presenza riconoscibile, fatti un nome in quello che fai. Lavora sulla tua reputazione, ma soprattutto coltiva una prospettiva originale. Chiediti: cosa vedo io che gli altri non vedono? Lì risiede il tuo valore.
Abbraccia l’intelligenza artificiale come alleata invece di temerla. Padroneggia gli strumenti di AI per aumentare la tua efficacia: lascia che automatizzino le parti ripetitive del tuo lavoro, così da poterti concentrare su ciò che richiede davvero il tuo tocco umano.
Diventa orchestratore dell’AI, non una vittima: usa tutti i tool emergenti per amplificare la tua creatività e produttività, senza mai perdere di vista il tuo stile personale. In sintesi, fai in modo che l’AI metta in risalto il fattore umano unico che puoi offrire.
Per la tua organizzazione
Comincia a ripensare i modelli di business e i criteri con cui valuti (e paghi) il lavoro. Avrà sempre meno senso comprare tempo e sempre più senso comprare valore. Le aziende cercheranno nei professionisti non solo competenze tecniche, ma visione e autenticità. Assumeranno meno “esecutori di compiti” e più curatori di idee.
Per ogni ruolo, chiediti: che impatto genera questa persona? Quale valore aggiunto unico porta grazie alla sua esperienza e prospettiva? E regola la remunerazione di conseguenza.
Privilegia collaboratori capaci di interpretare i dati più che produrli, di raccontare significati più che compilare report. Cerca e paga le persone in grado di dare un senso ai risultati delle macchine e di creare connessioni umane attorno a quei risultati.
Non sappiamo come andrà ma possiamo agire per aumentare le probabilità che accada come speriamo. Usare l’AI per ritrovare l’unicità, per riconnetterci con noi stessi, con il mondo e gli altri. AI per restituire libertà alleggerendoci dal carico cognitivo e dalla prigione emotiva della ripetitività. Cogliere questa occasione per convivere con intelligenza (in questo caso umana e digitale) con l’intelligenza. Si. Non ho scritto male. Convivere in modo intelligente con l’intelligenza artificiale per recupera l’uso dell’intelligenza umana.
La frase che ho apprezzato più di tutte: smettere di comprare tempo e iniziare a comprare valore.
Altro concetto interessante che già oggi colma un vuoto e un bisogno diffuso: definirsi, riscoprirsi e identificarsi con precisione ma soprattutto con attenzione e cura. Siamo abituati a definirci con etichette e abbiamo difficoltà a semplificare ció che siamo e l’impatto che generiamo, ci definiamo per difetti e pregi e non per caratteristiche, reagiamo piuttosto che riflettere e rispondere con autenticità.
Come sempre grazie per il valore condiviso e per le riflessioni che hai stimolato
Condivido la tua riflessione, tanto che ne parlo dal mio libro "Marketing Aumentato". Il tema è sempre chiedersi come aumentare le nostre capacità grazie alla tecnologia soprattutto in un era di abbondanza di intelligenza. Io dico che dovremmo "imparare a diventare cyborg", cercare una simbiosi intellettiva con le macchine, ma spesso questa cosa spaventa.