Quando nel 1999 è uscito Matrix pensavamo che fosse un film di fantascienza, non una guida per costruire il futuro.
Eppure da allora in poi ci siamo parecchio impegnati a costruire un mondo in cui gli umani sono al servizio delle macchine, come nel film.
Sarebbe stato meglio andare in giro con giacca di pelle e occhiali neri, o imparare a schivare i proiettili. E invece ci siamo connessi a una rete di dispositivi che succhiano da noi dati e informazioni.
Il boss è l’algoritmo
Non voglio fare l’ennesimo discorso apocalittico sull’intelligenza artificiale che ci ucciderà tutti. Per quello c’è già Harari.
È un fatto però che già da diverso tempo molti esseri umani lavorano per le macchine.
Più che rubarci il lavoro, infatti, le macchine hanno cominciato a governarlo.
In settori come la logistica (Amazon), la ristorazione (Mc Donald’s e Starbucks), la gig economy (Uber e Glovo), sono gli algoritmi a organizzare il lavoro. Decidono come devono muoversi i lavoratori, cosa devono fare, in che ordine devono farlo, quanto tempo devono metterci.
L’AI non è qui per sostituire te o il tuo collega. È qui per diventare il tuo capo.
Solo le macchine leggono tutti i tuoi post
Del resto la storia dell’AI non comincia con Chat GPT & Friends.
Comincia 20 anni fa, quando Internet inizia a prendere la forma che ha oggi. Ovvero quando abbiamo cominciato a organizzare i contenuti digitali in modo che fossero facili da trovare per l’algoritmo che regolava i motori di ricerca.
Nel suo libro The Inevitable: Understanding the 12 Technological Forces That Will Shape Our Future, Kevin Kelly racconta che già nel 2002 parlava con Larry Page di come Google stava lavorando sull’intelligenza artificiale. Ed è logico, perché Google era seduta sulla risorsa più importante per la costruzione dell’AI: una montagna di dati.
Da allora non abbiamo fatto altro che continuare a nutrire l’algoritmo: con le nostre ricerche, i nostri acquisti, i nostri spostamenti, i nostri messaggi, i nostri post, le nostre litigate online. E lui in cambio decideva come dovevamo scrivere, leggere, pensare, comprare, immaginare. E anche con chi dovevamo incazzarci.
Venerdì scorso parlavamo di Mr Beast, con i suoi video progettati per attirare più click possibile.
È l’algoritmo che lavora per Mr Beast, portandogli utenti, o è lui che lavora per l’algoritmo, obbedendo alle sue regole?
A cosa serve una montagna
Ted Gioia usa l’immagine della montagna per spiegare in che modo l’evoluzione tecnologica ha cambiato il nostro rapporto con l’ambiente.
Nel corso della storia le montagne sono state prima luoghi sacri, poi fonte di ispirazione artistica, poi oggetto di osservazione scientifica, poi territori da conquistare. Adesso sono giacimenti di litio per costruire batterie.
Secondo questa visione, la tecnologia negli ultimi decenni ha smesso di supportare e potenziare la crescita umana, e ha iniziato a usare l’umanità come una risorsa da sfruttare (avete presente Matrix?).
Con la crescita dell’AI questa cosa può solo peggiorare: perché l’intelligenza artificiale è una tecnologia famelica, che per funzionare richiede enormi quantità di energia, ed enormi quantità di dati. Quindi tantissimo lavoro da parte nostra.
Inoltre, l’AI funziona con la logica del network: più è grande, meglio funziona; meglio funziona, più diventa grande, e così via, fino a concentrare grandi quantità di potere nelle mani di pochissimi soggetti. Lo abbiamo già visto succedere, vero Larry?
A questo punto abbiamo di fronte una scelta.
Ci rassegniamo a essere i caricabatterie dell’algoritmo, oppure proviamo a fare qualcosa di diverso? Qualcosa di più umano?
Come è umano lei
Per restare umani, dobbiamo diventare bravissimi a usare le macchine.
Ma non basta: dobbiamo accettare di cedere alle macchine qualcosa che crediamo sia solo nostro, ma in fondo non lo è. Tutte le cose che facciamo per abitudine, ma che non hanno per noi grande utilità o significato.
A cominciare da molti aspetti del lavoro.
Dobbiamo lasciare che i robot prendano il controllo.
Rinunciare a competere con loro.
Far fare loro tutto ciò che possono fare come noi, o meglio di noi.
Quanti lavori esistono che non sono esattamente quelli che tirano giù dal letto le persone la mattina? Lasciamoli fare alle macchine! I robot li faranno meglio di noi. In più faranno lavori che noi non possiamo fare e lavori che ancora nemmeno immaginiamo.
Lasciare il controllo ai robot ci aiuterà a scoprire nuove occupazioni, nuove possibilità. A coltivare competenze in grado di elevare ed espandere il nostro senso di umanità.
Sarà come avere a che fare con una specie aliena. Un’intelligenza non umana che ci spingerà a chiederci di continuo: che cosa vuol dire essere umani? qual è lo scopo dell’umanità? che cos’è l’intelligenza, e a che cosa serve?
In pratica
Di fronte all’automazione, il compito di persone e aziende sarà delegare alle macchine tutto il possibile, e cominciare a interrogarsi su chi potremo essere e che cosa potremo fare una volta che saremo liberati da un'infinità di task e incombenze.
Per le organizzazioni
Le aziende stanno cominciando a dotarsi di Chief AI Officer: bene! Facciamo che siano affiancati da un Chief Human Officer. Evolviamo le funzioni HR perché nelle organizzazioni ci sia sempre qualcuno pagato per interrogarsi su come lasciare il controllo ai robot e prepararci a un futuro di convivenza, che ci aiuterà a scoprire quello che ci rende unici rispetto alle macchine.
Per le persone
Cominciate da un esercizio semplice: se dovete svolgere un compito, fatelo fare a uno strumento di AI. Ma non solo per usare il suo output: per studiare come lavora, come pensa, cosa fa. E capire quindi quanto voi dovrete cambiare il vostro modo di lavorare per somigliargli il meno possibile. Cosa dovete smettere di fare, perché lo fa meglio lui. Cosa invece dovete approfondire o imparare a fare, perché il robot non saprà farlo senza di voi. Cosa potreste fare di diverso, tra le tante cose che non immaginavate di poter fare.
Ciao Matteo,
la parte finale, il consglio per le persone è geniale ed estremamente umano, buono e di valore.
Grazie.
Mi ha fatto pensare che potremmo davvero passare da un futuro di convenienza (miope) ad un futuro di convivenza (lungimirante) e di relazione sana e sostenibile tra di noi (noi stessi), ancora tra di noi (noi umani), tra noi e l'AI e tra noi e il mondo.