Vediamoci!
Il 20 maggio siamo da Nodo Bar a Milano, in Via Marco Aurelio 8, con un doppio appuntamento.
Dalle 19alle 20 registriamo una nuova puntata del podcast Work After, con Giuseppe Mayer, CEO di Talent Garden, e Isabella Fabbri (aka hopebelle, creator e divulgatrice tech). Parleremo di come la forza del networking e la centralità delle community stanno cambiando il lavoro e il business.
Dalle 20:15 invece c’è Wanderwork, il nostro format informale pensato per favorire incontri, conversazioni, scoperte, connessioni non programmate.
Ci sono ancora dei posti disponibili, iscrivetevi qui, e ci vediamo lì.
Gli agenti AI non hanno agency.
Gian Segato, founding data scientist di Replit, lo ha spiegato bene in un articolo dal titolo Agency is Eating the World. Avere agency non significa saper fare qualcosa, ma avere la capacità e la determinazione di agire senza bisogno di istruzioni esplicite, validazioni o permessi.
Agency è la volontà di intervenire attivamente per far accadere qualcosa e modificare la realtà, spesso sfidando convenzioni e aspettative.
La confusione tra capacità tecnica e autonomia è uno degli equivoci legati all’AI. Tool e agenti offrono una potenza esecutiva mai vista prima, ma sempre vincolata al ricevere e seguire istruzioni dettagliate.
L’indipendenza è apparente: questi sistemi sono ancora fondamentalmente reattivi e privi della libertà necessaria per prendere decisioni autonome. Agency significa invece scegliere e agire in base alla propria iniziativa.
Scalare in solitaria
Le persone sì, sono dotate di agency, almeno in teoria. E oggi hanno a disposizione strumenti straordinari per trasformare la loro intraprendenza in progetti concreti e soluzioni immediate, senza necessariamente dipendere da altri. Questo fenomeno sta generando una nuova categoria di lavoratori che sono allo stesso tempo maker e imprenditori: i solopreneur, o “solo studios”.
Il 3 giugno 2017 Alex Honnold scala El Capitan, una parete di granito alta circa 900 metri nel Parco Nazionale di Yosemite, senza corde né protezioni, guidato esclusivamente dalla propria preparazione e determinazione. Questo stile si chiama free soloing, ed è una bella metafora della situazione in cui si troverà il professionista del futuro.
Con una differenza: il solopreneur non scala a mani nude. La sua scalata è supportata da strumenti AI che gli permettono di potenziare il lavoro, e di superare le barriere della specializzazione.
Mentre un freelance tradizionale viene selezionato per competenze specifiche da inserire all'interno di un progetto esistente, il solo studio si pone come figura autonoma che risolve direttamente problemi complessi in maniera completa e integrata.
C’è lavoro oltre il job title
Oggi siamo tutti impegnati su perimetri minuscoli, che ci impediscono di vedere dove va a finire il nostro lavoro. UX designer, UI designer, product designer, graphic designer: le definizioni riducono la nostra identità professionale a un ruolo troppo stretto. Ma soprattutto riducono la nostra capacità di azione, ci tolgono agency.
L’evoluzione verso il free soloing invece ci libera dalle gabbie dell'iperspecializzazione. E ci rimette in contatto con il significato originario del lavoro, che è una parte fondamentale della natura umana: creare cose nuove, trasformare la realtà, trovare soluzioni ai problemi.
In futuro potremo presentarci sempre meno con il nome di una specializzazione tecnica e sempre più come fornitori di soluzioni globali e integrate.
“Posso aiutarti a definire la tua proposta di valore, a creare un linguaggio distintivo per il tuo brand e a progettare esperienze d'uso innovative per i tuoi prodotti”: questa sarà una promessa realistica, che farà capire bene al cliente che tipo di valore siamo in grado di generare.
Grazie alla forza moltiplicatrice dell’AI, combineremo in una sola figura le competenze oggi sparpagliate all’interno di diversi team. E allo stesso tempo guideremo una trasformazione lavorativa che non avrà impatto solo sul business, ma anche sulla società e sulla cultura.
Le nuove regole del lavoro
Per chi lavora
Non innamorarti della tua specialità tecnica. Non presentarti dicendo “sono appassionato di design, branding, comunicazione, marketing o tecnologia”. Innamorati invece delle soluzioni che crei e dei problemi reali che riesci a risolvere.
Diventa “AI-first”: usa l’AI non solo per automatizzare i compiti ripetitivi, ma anche per integrare ed espandere le tue competenze. Sfrutta questa tecnologia per superare i limiti attuali delle tue capacità.
Pensati come una vera e propria “one-person company”, una realtà autonoma e autosufficiente. Massimizzare la tua autonomia ti permetterà di avere maggiore impatto, meno dipendenza da strutture rigide e maggiore libertà creativa.
Per le organizzazioni
Create spazi per sviluppare l’agency dei collaboratori: libertà, autonomia e fiducia sono indispensabili affinché questo tipo di talento possa emergere e generare valore reale.
Progettate framework operativi flessibili e aperti che consentano alle persone e alle macchine di collaborare nel modo più libero ed efficace possibile, promuovendo così la nascita di vere “agentic organizations”.
Accettate e valorizzate la presenza di one-person companies all’interno delle vostre strutture. Saranno proprio queste unità autonome a fungere da motori di innovazione e a creare valore aggiunto che le strutture tradizionali raramente riescono a produrre.